Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha lo scopo di definire una organica riforma della disciplina del diritto di famiglia che tenga conto della nuova struttura della società, ma soprattutto che conferisca a tutti i cittadini parità di diritti e di opportunità rispetto alla regolamentazione giuridica delle diverse forme di unioni affettive e di convivenza.
      L'ordinamento italiano, che riconosce i diritti della famiglia fondata sul matrimonio, non soltanto omette, in materia di diritto di famiglia, di riconoscere diritti fondamentali, di offrire soluzioni giuridiche a situazioni ed esigenze, pur meritevoli di tutela, che riguardano un numero sempre maggiore di cittadini, ma si pone in evidente contrasto con quella che è la tendenza dei Paesi europei, e più in generale dei Paesi occidentali. La stessa Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, all'articolo 9, espressamente riconosce il diritto al matrimonio e il diritto a formare una famiglia come diritti distinti. Il nostro ordinamento si pone in palese contrasto con tale principio, non riconoscendo alcun diritto in capo alla famiglia non fondata sul matrimonio, fatti salvi alcuni specifici interventi di natura giurisprudenziale.
      La presente proposta di legge mira ambiziosamente ad offrire una gamma di soluzioni giuridiche allo scopo di conformare il nostro ordinamento a princìpi

 

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essenziali su cui si deve basare, in una società moderna, la disciplina relativa al riconoscimento giuridico delle forme di convivenza e dei rapporti affettivi.
      In primo luogo, la presente proposta di legge disciplina, al capo I, le unioni tra persone dello stesso sesso, introducendo al libro I del codice civile l'istituto dell'unione registrata. Già nel 1994 il Parlamento europeo, nella risoluzione A3-0028/94 dell`8 febbraio 1994 sulla parità di diritti per gli omosessuali, aveva posto l'attenzione sulla necessità che le persone omosessuali dovessero avere accesso al matrimonio o ad un istituto equivalente. Qualsiasi diversa forma di riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso, effettivamente, contravverrebbe al principio di uguaglianza in senso sostanziale, giacché costituirebbe una forma di protezione debole o parziale. D'altra parte, la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale non è soltanto quella che attiene ai diritti dell'individuo in quanto tale, con riferimento alla sua identità e alla libertà di espressione, ma è soprattutto quella che attiene alle relazioni affettive, ove si svolge la personalità dell'individuo. Come è noto, i Paesi Bassi hanno esteso l'istituto del matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso, e lo stesso è avvenuto in Belgio e in Canada, dove i giudici della Superior Court dell'Ontario hanno ravvisato il carattere discriminatorio dell'esclusione delle coppie formate da persone dello stesso sesso dall'istituto matrimoniale; al contrario, Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda e Germania (e la regione spagnola della Catalogna), ma anche lo Stato americano del Vermont e quello canadese del Quebec, hanno scelto la soluzione dell'introduzione di un istituto equivalente, cui hanno accesso soltanto le coppie formate da persone dello stesso sesso, che estende a tali coppie, in modo parziale o totale, i diritti ed i doveri che derivano dal matrimonio. L'istituto dell'unione registrata si pone in questa seconda ottica, equiparando i contraenti dell'unione registrata ai coniugi ed estendendo ad essi tutti i diritti e gli obblighi che derivano dal matrimonio, fatte salve le eccezioni espressamente previste dall'articolo 3, nonché prevedendo stessi requisiti e modalità in relazione alla costituzione, alla celebrazione e allo scioglimento. È da porre in evidenza che qualsiasi soluzione di minore portata contravverrebbe alla necessità di riconoscere piena e sostanziale parità tra le coppie formate da persone dello stesso sesso e le coppie formate da persone di sesso diverso, in contrasto con il principio di uguaglianza sancito in primis dall'articolo 3 della Costituzione.
      Il secondo istituto che la presente proposta di legge delinea al capo II è rappresentato dall'unione civile, accessibile a tutte le coppie formate da persone maggiorenni dello stesso sesso o di sesso diverso. La scelta di offrire una regolamentazione giuridica a forme di famiglia diverse da quelle fondate sul matrimonio fa riferimento a un altro principio ispiratore della presente proposta di legge, ovvero il principio della pluralità dei rapporti affettivi. L'importanza dell'istituto che si propone, il quale viene introdotto al libro I del codice civile, sta nel fatto di riconoscere diritti e doveri in capo alle coppie che non vogliono o non possono sposarsi, prevedendo un legame di natura diversa, e sicuramente più «leggero» rispetto al legame matrimoniale. Il principio della pluralità delle forme dei rapporti affettivi, attuato mediante l'introduzione di istituti tra loro diversi che riconoscono con maggiore o minore forza le coppie formate da persone dello stesso sesso o di sesso diverso, è ormai ampiamente diffuso nei Paesi europei: basti pensare al patto civile di solidarietà in Francia, all'unione di fatto in Portogallo e, ancora, alla regolamentazione giuridica della convivenza di fatto o dell'unione civile adottata nei Paesi scandinavi, nei Paesi Bassi, in Ungheria, in numerose regioni della Spagna.
      La presente proposta di legge mira quindi a introdurre al libro IV del codice civile, mediante le disposizioni previste al capo VI, una disciplina della convivenza di fatto, che valorizzi e tuteli gli individui allorché scelgano di convivere a qualsiasi
 

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titolo. La convivenza di fatto disciplinata dalla presente proposta di legge si rivolge a due o più persone maggiorenni, indipendentemente dal sesso, che convivono stabilmente, e ha come obiettivi quelli di disciplinare per lo più gli aspetti di natura patrimoniale, anche mediante accordi tra le parti conviventi, e di riconoscere in capo ai conviventi taluni diritti già riconosciuti alla famiglia. La disciplina della convivenza di fatto può sicuramente costituire una soluzione «molto leggera» per le coppie di fatto che non intendono in alcun modo legarsi con altri vincoli, ma si rivolge altresì a soggetti che convivono per altre ragioni: in altri termini, attraverso tale disciplina, si intende non già e non solo offrire una diversa forma di riconoscimento ai legami di tipo affettivo, ma prevedere agevolazioni di diverso tipo in capo ai conviventi, nonché dare rilievo a vincoli materiali o solidaristici di natura diversa. La disciplina in esame si rivolge pertanto a una vasta gamma di conviventi a diverso titolo, dagli studenti che condividono un appartamento, a un anziano o ad una coppia di anziani che scelgono di condividere la propria abitazione per ragioni economiche o di necessità di diversa natura, ad una convivenza tra persone legate da vincoli di parentela o di semplice amicizia, o tra un genitore e il proprio figlio che non è a suo carico. La disciplina della convivenza di fatto ha pertanto svariati propositi e obiettivi: incentivare l'indipendenza dei giovani dalle famiglie d'origine, promuovere vincoli di solidarietà nei confronti degli anziani, riconoscere una soglia minima di diritti a convivenze stabili a qualsiasi titolo. Anche la convivenza di fatto è oggetto di attenzione da parte di numerosi ordinamenti europei che la disciplinano in modi differenti: è opportuno citare la coabitazione legale istituita in Belgio (che tuttavia si rivolge alle convivenze more uxorio), la convivenza di persone in «economia comune» introdotta in Portogallo, la disciplina del concubinato in Francia, la disciplina della convivenza di fatto in taluni Paesi scandinavi, tra cui la Svezia, nei Paesi Bassi, in alcune regioni della Spagna.
      L'introduzione di nuovi istituti volti al riconoscimento giuridico di unioni affettive e di forme di convivenza diverse da quella fondata sul matrimonio non intende ignorare, né porsi in contrasto con il principio costituzionale sancito dall'articolo 29 della Costituzione: l'istituto del matrimonio non viene in alcun modo intaccato o indebolito, ma, anzi, è espressamente sancita l'inapplicabilità delle norme che trovino fondamento nel principio del favor matrimonii, e la posizione giuridica dei coniugi non viene alterata neppure in relazione alla posizione giuridica delle parti dell'unione civile. Al contrario, la presente proposta di legge risponde all'esigenza di garantire, mediante il riconoscimento della pluralità delle unioni affettive e delle forme di convivenza, il principio personalista e il principio del pluralismo sociale sanciti dall'articolo 2 della Costituzione, laddove è stabilito che la Repubblica garantisce i diritti dell'individuo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e di dare attuazione sostanziale al principio di uguaglianza di cui all'articolo 3, sia per il fatto di affermare la pari dignità e l'uguaglianza dei cittadini senza distinzione di condizioni personali o sociali, sia nei termini in cui riconosce un obbligo in capo allo Stato di rimuovere gli ostacoli sociali ed economici che impediscono il pieno sviluppo della personalità dell'individuo.
      Occorre poi sottolineare che la presente proposta di legge va oltre la previsione di nuovi istituti per disciplinare le unioni tra persone dello stesso sesso e le unioni civili, o la definizione di una nuova disciplina della convivenza: piuttosto, le nuove istanze sociali e giuridiche che stanno alla base delle previsioni normative delineate, ed a tale proposito occorre citare le lotte per la parità di trattamento delle persone omosessuali e quelle per il riconoscimento delle coppie di fatto, costituiscono lo spunto per una riflessione più ampia e complessiva sul diritto di famiglia e, in particolare, sull'esigenza di introdurre riforme atte a rafforzare l'uguaglianza giuridica tra i coniugi e ad estendere alle persone singole l'accesso all'istituto dell'adozione.
 

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      A questo proposito, i capi III e IV della presente proposta di legge si pongono in tale ottica, mirando ad attuare talune modificazioni di grande significato; in primo luogo, si propone l'abrogazione delle disposizioni che impongono il divieto temporaneo della donna divorziata di contrarre il matrimonio, norma che ha la sua ratio nella protezione del principio della presunzione di paternità in relazione all'ex-marito, e che per questo appare palesemente in contrasto con il principio della parità di trattamento tra uomo e donna, oltre ad essere irragionevole e anacronistica: la protezione di un interesse dell'ex-marito in seguito allo scioglimento del matrimonio, che interviene in seguito a tre anni di separazione legale, appare del tutto insensata e non meritevole di tutela; nel caso in cui esista un dubbio fondato in relazione al rapporto parentale, l'accertamento della paternità può essere effettuato mediante l'esame del DNA.
      In secondo luogo, la presente proposta di legge attua una modificazione della disciplina dell'uso dei cognomi per quanto riguarda coniugi e figli, allo scopo di garantire effettive condizioni di parità tra i coniugi, come peraltro sancito dalla Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979 e resa esecutiva dall'Italia con la legge 14 marzo 1985, n. 132.
      Infine la proposta di legge contempla l'abrogazione delle disposizioni sull'addebito della responsabilità della separazione, che spesso costituisce un elemento di ricatto tra i coniugi separati, non tenendo conto delle complesse dinamiche che stanno alla base del rapporto tra i coniugi e al suo venire meno, rischiando di costituire tutt'al più un fattore punitivo nei confronti di una parte; il criterio in base al quale stabilire un diritto al mantenimento sarebbe invece costituito, ai sensi della presente proposta di legge, dalla reale necessità del coniuge, garantendo perciò un'effettiva tutela della parte debole del rapporto.
      Il capo V della proposta di legge ha invece ad oggetto la modifica delle disposizioni in materia di adozione e di affidamento dei minori, allo scopo di estendere alle persone singole l'accesso a tali istituti. Già la disciplina in materia di affidamento e di adozione dei minori è stata estesa dalle disposizioni della proposta di legge all'unione registrata e all'unione civile. Si è ritenuto tuttavia che fosse opportuno fissare un principio più ampio, rappresentato dal riconoscimento in capo all'individuo del diritto di avere accesso agli istituti dell'adozione e dell'affidamento, ritenendosi che il diritto, peraltro prevalente in ogni caso, del minore a un adeguato e armonioso sviluppo psico-fisico possa essere pienamente garantito nell'ambito della famiglia monoparentale.
      Al capo VII della presente proposta di legge sono invece fissate talune disposizioni finali. L'articolo più importante è senza dubbio quello che sancisce un generale divieto di discriminazione in relazione allo stato di coniuge, contraente di un'unione registrata, parte di un'unione civile, o alla condizione di convivente di fatto, e che esplicita la ratio dell'intera proposta di legge, ovvero il riconoscimento della pari dignità e della libertà di scelta in relazione alle diverse forme di famiglia e di convivenza. Oltre a un'ulteriore disposizione di esenzione tributaria, la presente proposta di legge disciplina in conclusione la questione del riconoscimento reciproco di istituti equivalenti previsti dalle legislazioni nazionali degli altri Paesi e dell'applicazione delle norme di diritto internazionale privato e delle convenzioni internazionali.
 

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